Un viaggio in val di Sangro
Il primo contatto col mondo della Sangritana, gestita dalla FAA Ferrovia Adriatico Appenino, lo ebbi nel 1992 in occasione di un viaggio fotografico in centro Italia. Viaggiavamo in auto e toccammo solamente alcune località lungo la linea. Questo già bastò a far scatatre in me la molla del desiderio di un approfondimento su questa ferrovia, così lontana dal canone moderno di "treno" e quindi così affascinante. Già nel 1993 tornai sui miei passi, questa volta in treno, e potei godermi un viaggio lungo le linee della Sangritana.
Arrivato a Lanciano la sera, trovai riposo in un albergo di questa città giovanile e movimentata. Alla mattina presto ero già in stazione, con un pò di anticipo prima della partenza del mio locale per Castel di Sangro, prevista poco dopo le 6.00. La stazione di Lanciano è una somma di aspetti tecnico-ferroviari che ogni modellista vorrebbe unire su un diorama: lunghezza dei binari contenuta, piazzale curato e esteticamente ben tenuto, fabbricato importante, deposito e tanti mezzi parcheggiati. L'Ing. Besenzanica quando progettò questa ferrovia le diede quel tocco di importanza che ancora oggi si prova entrando su questo piazzale. Sul secondo binario è parcheggiato il mio treno, costituito da una sola elettromotrice Stanga/TIBB col caratteristico design anni '50 nel tipico colore grigio/verde che questi mezzi rivestono già dalla fine degli anni '70, al posto dell'elegantissimo bianco/blu portato sino ad allora (1). Salgo a bordo della ALe, che fuori porta la tabella di destinazione scritta in eleganti caratteri in corsivo. A bordo prendo posto negli ambienti essenziali e sui sedili imbottiti, notando che oltre me posso contare solo un altro viaggiatore e la coppia di ferrovieri alla guida. In orario il capostazione ci accorda la partenza, l'unica porta a libretto si chiude e il suono di tromba grave e così tipico rimbomba fra i palazzi di una cittadina ancora addormentata. Appena partiti affrontiamo una serie di curva a mezzacosta su alcune colline alle spalle della città, accompagnati da un continuo e fastidioso sibilo dovuto allo sfregamento dei bordini delle ruote contro le rotaie in curva. Questa caratteristica ci accompagna per tutto il viaggio. Bisogna infatti ricordare che la linea attuale è frutto della trasformazione di una precedente pensata a scartamento di 950mm, costruita fra il 1912 e il 1915 ed elettrificata solo nel 1924. Le economie del primo dopoguerra imposero un semplice allargamento dello scartamento a scapito della velocità e ora questa scelta si rimpiange largamente. Il rarissimo traffico merci - abbastanza presente fino almeno a metà anni '70 - ha sempre dovuto pagare pegno a questa scelta, a causa del limite di circolazione dei carri merci. Solo quelli con il passo più corto erano ammessi, con limiti di velocità intorno ai 20km/h nientemeno! Mentre penso a questa situazione, la mia ALe prosegue tranquilla il suo viaggio, incurante della velocità, ondeggiando su rotaie da 27kg/m non saldate e in barre corte.
In un continuo susseguirsi di curve e controcurve - il raggio medio di queste scende anche fino a 100mt. - arriviamo a toccare la stazione di Castelfrentano (2). Non sale e non scende nessuno. Il caldo di questa assolata giornata di Luglio comincia già a farsi sentire, anche se è ancora mattino. Rimanendo sempre a lato della SS.84, ma affrontando molte più curve, dopo 4 chilometri circa arriviamo a Crocetta (3). La stazione è in curva, dispone di 4 binari passanti ed è isolata nel nulla: intorno solo colline a perdita d'occhio. Sostiamo per circa 10 minuti, mentre le cicale cominciano a farsi sentire. Il silenzio ci circonda, tanto che il sibilo sulle curve di un treno incrociante si comincia a sentire per parecchi minuti prima del suo arrivo. Entra in stazione un'altra elettromotrice isolata. I due capitreno si scambiano qualche battuta, si chiudono le porte e si riparte. Appena dopo la stazione uno scambio e un binario abbandonato che curva sulla destra mi ricordano la linea per Ortona, chiusa nel 1982, dove sono lasciati alle intemperie alcuni rotabili della ex FVV Ferrovia Voghera Varzi, anch'essa gestita fino alla chiusura dalla FAA. La mia panciuta elettromotrice continua su improbabili tornanti, addirittura ne affronta uno a ferro di cavallo presso una fermata a richiesta (4), serpeggia su pendii e colline coltivate, si contiene a malapena sulle strette curve, dove le rotaie per rimanere allineate ed evitare fenomeni di poligonazione sono fissate fra di loro con i normali giunti e con dei piastroni aggiuntivi saldati (5). Dopo aver percorso più di 10 chilometri senza vedere anima viva e nessun centro abitato, in un continuo e tortuoso porgere l'altra guancia al sole che passa dai finestrini, un segnale ad ala mi preannuncia la prossima stazione: Casoli. Appena oltre il segnale passiamo su un lungo viadotto rettilineo sopra il fiume Sangro, poi subito si apre il piazzale in curva della stazione, dove abbiamo un altro incrocio. Per fortuna questa volta l'altro treno è già presente e la nostra sosta dura solo un paio di minuti (6). I segnali ad ala sono un'altra caratteristica di questa linea. Ma sono inutili: sono sempre posizionati sul "via libera": i treni sono così pochi e i punti di sosta e incrocio sono gli stessi da anni. Ora viaggiamo a lato della SS.81 fino ad arrivare con una stretta curva di 90° ad incontrare un altro binario, tutto ciò che resta della linea per Atessa, chiusa nel 1979.
Da questo bivio fino alla stazione di Archi c'è un chilometro circa ed è tutto aramto con un tratto a binari compenetrati, in stile tranviario. Per risparmiare sulla gestione dello scambio in piena linea, si scelse di accomunare la sede alle due linee su binario a 4 rotaie e di posare lo scambio del bivio vero e proprio a ridosso della stazione. Ad Archi (7) sosta un'altra elettromotrice e una rimorchiata parcheggiata ancora più in là. Qui l'orario prevede una sosta di alcuni minuti: si va al bar a prendere il caffè, intanto che una corriera della FAA porta alcuni studenti a prendere il mio treno, che finalmente si ravviva un pò. Partiamo alla volta della prossima stazione, percorrendo un lungo tratto a lato del Sangro e fiancheggiando l'invaso che dopo Bomba formerà un lago artificiale. Arriviamo a Bomba e un imprevisto interrompe il mio viaggio: siamo obbligati a trasbordare su autobus e percorrere la parallela superstrada a causa di un incendio che lambisce anche la sede ferroviaria presso Colledimezzo. Il viaggio prosegue quindi in autobus, attraversiamo il punto dell'incendio, con i pompieri indaffarati a controllarlo, fino a Villa Santa Maria. Per fortuna nel mio viaggio precedente del 1992 scattai alcune foto in questo tratto, presso Colledimezzo (8) e nell'omonima stazione (9), attrezzata per permettere escursioni al lago tramite il Treno della Valle, convoglio turistico periodico. A Villa Santa Maria (10) la stazione è incastrata fra il paese e alcune pareti rocciose che fanno da culla al Sangro, proprio nel punto dove nasce il lago artificiale di Bomba. Un'altra ALe ci sta aspettando in stazione e gli orari ormai sono abbastanza stravolti. La linea affronta ora un percorso molto accidentato, a mezza costa sul fiume Sangro e fra pareti rocciose a strapiombo anche molto alte. Dopo alcune gallerie la nostra piccola elettromotrice si trova a ciondolare in cima al bellissimo viadotto di Civitaluparella, ricostruito accanto a quello originale distrutto dalla guerra in cemento armato con un'unica grande campata (11). Dopo alcuni chilometri di curve e controcurve ci fermiamo alla stazioncina di Fallo-Civitaluparella (12), dove ci fermiamo un minuto per lasciar scendere una anziana signora. Intorno il nulla, solo rocce e silenzio.
Ripartiamo e sempre serpeggiando a lato del fiume guadagnamo quota e rimanendo lungo un costone roccioso arriviamo alla stazione di Quadri, posta proprio ai piedi del paese (13). Da Quadri fino ad Ateleta, passando per Gamberale, il binario si snoda in mezzo ai boschi rimanendo sempre nel fondovalle. Dopo Ateleta ci aspettano gli ultimi 13 chilometri senza soste: transitiamo in "velocità" per la fermata di S.Pietro Avellana, perduta in mezzo ai boschi e valichiamo il Passo Cavalli in un ambiente brullo e ventoso. Siamo ormai presso la fine del nostro viaggio e siamo a quota 1000mt. Aggiriamo la cittadina di Castel di Sangro a sud fino ad affiancarci alla linea FS da Carpinone. La stazione di Castel di Sangro è divisa in due: un primo raddoppio con marciapiedi è posto di fronte al fabbricato FS, ma il nostro treno qui non sosta. Un centinaio di metri più avanti si apre il piazzale vero e proprio, molto ampio, con magazzino merci e fabbricato di tutto rispetto (14 e 15). La mia elettromotrice è finalmente arrivata. Scendo e con me i pochi viaggiatori. Si abbassa il pantografo e il mezzo viene parcheggiato sul primo binario dietro ad altre due ALe già in sosta. Un viaggio emozionante, a tratti stancante, che mi ha permesso di conoscere 87 chilometri dell'Abruzzo meno conosciuto e per questo più genuino e attraente.