Paura per una foto
Quel giorno era come gli altri di quel bel viaggio fotografico. Due settimane spese in giro per il Centro-Sud Italia a far foto alle linee più sconosciute e sulle concesse. Dopo aver bazzicato in lungo e in largo le FS, l'8 Maggio 1995 mi dedicai alla FBN Ferrovia Benevento-Napoli. La sera prima avevo visitato il deposito di Benevento e nella stessa città dormii.
La mattina presto partii da Benevento e facendo un pò di tappe lungo la linea scattai un bel pò di fotografie ai treni biancoverdi della FBN. Arrivai in tarda mattinata a S.ta Maria a Vico, stazione dove scesi dal mio treno, un Firema di 3 pezzi. Da lì cominciai a camminare lungo il binario in direzione Benevento, avendo visto dal finestrino alcuni bei punti panoramici dove intendevo scattare. Percorsi tutta la curva a ferro di cavallo che sta a ovest della stazione e risalii insieme al binario a mezzacosta la montagna, scarpinando per alcuni chilometri sotto un sole molto forte. Tenendo sempre d'occhio il mio consueto orario grafico preparato prima della partenza stabilii di fermarmi in due punti ad attendere altrettanti treni.
Il primo fu un Firema diretto a Benevento (foto1). Poche centinaia di metri più in là aspettai a lungo il secondo, altro Firema proveniente da Benevento (foto2). Ma i posti dove mi ero piazzato a dire il vero non mi esaltarono troppo e cercai quindi qualcosa di più paesaggistico. Continuando a camminare arrivai in un punto a mezzacosta presso la frazioncina di Ruotoli. Qui mi trovai di fronte ad un portale di galleria. Era in rettilineo perchè si vedeva la luce dell'uscita ma era anche abbastanza lunga. Controllai ancora l'orario grafico e vidi un buco d'orario di circa un'ora, sufficiente a permettermi il passaggio in galleria per fotografare il treno successivo. L'alternativa era rinunciare alla foto e accontentarmi di uno scatto simile ai precedenti o aggirare la montagna attraverso parecchi chilometri di strade e sentieri. Scelsi la via breve, raccolsi un ramo da terra, sistemai l'orario ferroviario nella tasca della borsa fotografica e accavallai alla tracolla di questa la giacca mimetica che mi riscaldava nelle prime ore del giorno, quando ero già in giro a far foto. Iniziai ad entrare nel tunnel.
Era molto buio e la luce dell'uscita era in realtà solo un'illusione tanto era lontana: non filtrava nessun raggio di sole che mi permettesse di vedere all'interno e andai avanti camminando in mezzo al binario e strisciando il ramo lungo il muro laterale per cercare di tenermi sempre parallelo. Gli occhi erano sbarrati, come in cerca di un barlume luminoso che mi aiutasse a capire dove poggiavo i piedi. Sin dai primi metri notai - come uno stupido, aggiungo ora - che la galleria rispecchiava pienamente la filosofia di linea concessa construita in economia: non c'era nessuna nicchia di salvamento per gli eventuali operai che lavorassero all'interno. Ma non me ne curai. La galleria è lunga circa 450 metri, sembravano un'eternità, e probabilmente me ne mancavano 100/150 da percorrere. Ero abbastanza sollevato di avvicinarmi alla luce dell'uscita, buttai il ramo e in questo momento sentii un suono di tromba. Un brivido mi corse lungo la schiena, mille pensieri si affollarono in testa: era un camion? Mi ero sbagliato e non era una tromba? Che faccio? Ogni dubbio sparì quando un paio di fari apparvero lentamente da dietro al curva al di fuori della galleria. Un treno cantiere! Che faccio? Avanzava verso di me, non potevo certamente corrergli incontro sperando di uscire prima dalla galleria! Iniziai come un topo in gabbia a correre indietro sui miei passi, nel buio totale, in mezzo alle rotaie, inciampando sui sassi. Mi cadde la borsa della macchina fotografica e la raccolsi a tentoni mentre fissavo atterrito i fari di quel bestione diesel che si avvicinava lentamente. Anche a correre non ce l'avrei mai fatta! L'unica salvezza era ragionare. Mi appiattii lungo la parete, a gambe e braccia aperte, nel tentativo ridicolo di occupare meno spazio possibile. La locomotiva si avvicinava, con le bielle laterali della trasmissione che mi facevano più paura che tutto il resto, col rimbombare del motore nella galleria. Fortunamente il guidatore si era già accorto di me e forse era già abituato ad avere gente in mezzo alla via, magari pastori o contadini che usavano la ferrovia come scorciatoia. Così rallentò ancora di più e si avvicinò a me. Si sporse dal finestrino e urlò cercando di sovrastare il rumore del motore di non muovermi. Passò. Intuii dallo spostamento d'aria sulle mie gambe sudate il movimento delle bielle. Se ne andò.
Rimasi lì, alcuni minuti fermo, in silenzio, pensando a cosa avevo scampato. Ero ancora abbastanza vicino all'uscita. Tornai sui miei passi e mentre camminavo con la mano sentii di aver perso giacca e orario. Con la poca luce che arrivava dall'uscita guardai bene in mezzo al binario e recuperai tutto. Uscii. Aria aperta, respirai a pieni polmoni, cercando di calmarmi. Orario e giacca non si erano rovinati, nemmeno sporcati. Mi sistemai e appena fuori dalla galleria mi appostai su una collinetta presso un vecchio casello diroccato. Lì rimasi seduto per un'ora buona, meditanto su ciò che era successo, quando passò il treno che aspettavo, una Stanga più rimorchio (foto3), che fermai nell'ennesima fotografia. Doveve ora ritornare alla stazione di S.Maria a Vico ma di ripassare nella galleria manco a parlarne! Scesi lungo un sentiero sterrato fino al centro della frazione Ruotoli e camminando lungo le vie del paese e la Statale arrivai alla stazione, dove trovai ferma l'assassina mancata della galleria (foto4).
Le scattai con sprezzo una fotografia, ad
esorcizzare quello che mi era successo e quello che avevo rischiato. Avevo 21
anni e meno male che ne ho vissuti altri 13 e son qui a raccontare!